Agli inizi del 1400 si ha notizia di una confraternita di sacerdoti e laici che nei giorni festivi si radunava in una piccola Chiesa, dedicata a San Bernardo Scala Coeli alle Tre Fontane in Roma, per onorare la Madonna ed il suo Santo Patrono. Nulla si sa di preciso circa la sua istituzione finché qualche anno più tardi i confratelli, mal sopportando i disagi connessi alla lontananza ed alle difficoltà di collegamento con la città, cominciarono a studiare il modo per risolvere il problema.
Fu così che un certo Francesco De' Foschi, sacerdote e patrizio benestante nonché membro della stessa confraternita, nel 1418 pensò di trasferirla, donando a tale scopo il proprio patrimonio, in gran parte costituito da case e terreni nei pressi della Colonna Traiana. L'atto di donazione stabilì che le rendite dei beni dovessero impiegarsi per il culto, il mantenimento della chiesa e l'assistenza ai confratelli indigenti. Il rimanente doveva servire per la distribuzione, ogni domenica, a quaranta famiglie povere del necessario del vitto di due giorni.
Sistemate le pratiche burocratiche il De' Foschi trasferì la Chiesa, adattando una delle sue case, vicino alla cinquecentesca Chiesa della Madonna di Loreto che a quell'epoca era ancora in fase di completamento, e per devozione alla Madonna ed al suo patrono San Bernardo la dedicò al medesimo Santo e alla Vergine Assunta in Cielo. Dopodiché vi trasferì la Confraternita della quale praticamente divenne il nuovo fondatore. Non contento di ciò, diede nuove regole alla Confraternita e nel 1440 impetrò ed ottenne dal Cardinale Vicario del Papa Eugenio IV che le regole fossero approvate.
Comunque dopo che il De' Foschi ebbe sistemata la Chiesa, spinto dalla particolarissima devozione che nutriva per la Madonna, pensò d'impetrare al Sommo Pontefice Eugenio IV il dono di una Immagine della Madonna affinché la Chiesa ne ricevesse maggiore considerazione e devozione da parte dei fedeli. Così il centro del culto della Chiesa divenne l'insigne Immagine della Madonna con il Bambino venerata nell'altare maggiore.
L'Arciconfraternita continuava a crescere fino a che anche la Chiesa di S. Bernardo risultò troppo angusta per accogliere i confratelli sempre più numerosi e provenienti da ogni ceto. Così, nella Congregazione nel 1728, venne deciso cli costruire una nuova chiesa in sostituzione di quella ormai fatiscente di S. Bernardo e venne dato l'incarico ai confratelli, architetti Filippo Barigioni, Francesco Fontana ed al figlio di questi Mauro Fontana, di preparare i disegni impegnandosi però a farli senza alcun compenso.
Ma sorsero gravi difficoltà mosse parte dal Monastero di S. Susanna che non voleva cedere alcuni diritti sopra certe case e parte dalla mancanza di sufficienti risorse finanziarie. I responsabili della Confraternita, infatti, consci delle loro modeste possibilità economiche, avevano posto come pregiudiziale agli architetti di costruire un edificio con muro di volta dritto o al più in forma di catino senza cupola. In una riunione in Congregazione del 1733 decisero di riunire tutti i disegni per sottoporre la scelta ad una commissione di esperti quando il Cardinale Ludovico Pico, allora Protettore del sodalizio, intervenendo d'autorità diede ordine che la nuova chiesa si dovesse elevare in conformità del disegno da lui stesso commissionato all'Architetto Derizet.
Il motivo per cui l'Architetto francese Antonio Derizet fosse così ben spalleggiato dal Cardinale Pico, in netto contrasto con la Congregazione della Confraternita, va ricercato nella impostazione che si voleva dare alla chiesa da costruire. Risulta, infatti, che dopo che il Derizet ebbe avuto l'incarico la Congregazione, nel timore di superare di molto il preventivo di spesa, continuava sempre a mantenere la pregiudiziale della copertura a volta mentre il Cardinale spingeva il Derizet ad inserire nel progetto una grande e bella cupola. Il contrasto fu risolto con l'ausilio di uno stratagemma per mezzo del quale il Derizet ottenne l'approvazione della costruzione. In pratica, al momento dell'approvazione del progetto, l'Architetto piegando i disegni in modo da nascondere alla vista il tamburo su cui posava la cupola ingannò i confratelli che dovettero poi fare buon viso a cattivo giuoco.
La prima pietra venne posta 1'11 aprile 1736 ed i lavori, fra interruzioni e notevoli difficoltà, si protrassero per circa 15 anni. Il 5 settembre del 1741, sotto il pontificato di Benedetto XIV, la Chiesa, non ancora completata, venne comunque consacrata ed il Papa confermò tutte le indulgenze ed i privilegi che erano stati concessi all'antico Tempio. Tre giorni dopo, l'8 settembre 1741, la Chiesa venne dedicata solennemente al SS.mo Nome di Maria.
Nel 1743 morì il Cardinale Pico lasciando tutti i suoi beni alla Arciconfraternita e quando i lavori ripresero la direzione fu assegnata, questa volta, all'Architetto Mauro Fontana che tanto aveva cercato di contrastare il Derizet. Ma ormai la forma della Chiesa era quasi definitiva ed il 16 giugno 1750 venne finalmente consacrato l'Altare maggiore. In pratica l'opera del Fontana, come architetto, si ridusse alla sola costruzione della Cappella principale dove al posto d'onore sull'Altare maggiore, al centro di una gloria di angeli bianchi e raggi d'oro, è stata definitivamente insediata la Sacra Immagine della Madonna con il Bambino.
Durante la dominazione napoleonica la Chiesa corse addirittura il rischio di essere abbattuta quando nel 1811 la "Commission des Embellissements de la Ville de Rome" decise di demolirla per valorizzare l'area circostante la Colonna Traiana. L'Arciconfraternita si rivolse prontamente all'Imperatore d'Austria Francesco 1°, della cui speciale protezione sapeva di potersi avvalere, e fu grazie a quell'intervento che la Chiesa fu salvata.